Tuttavia durante la progettazione nella fase di ricerca della forma si veniva a delineare una seconda spiegazione del titolo: mentre da una parte si cercava nei modelli di calcolo la necessaria guida della struttura, dall'altra invece la strada per giungere ad un design soddisfacente appariva essere l'utilizzo di semplici metodi di disegno. In realtà i "due mari" erano due diversi modi di procedere, l'uno tipico delle facoltà di ingegneria ed il secondo dominio incontrastato delle facoltà di architettura e forse di qualche bizarro ingegnere.
La forma inizialmente doveva rappresentare una metafora del "passaggio" che ognuno di noi realizza più di una volta lungo il corso della vita ovvero l'attraversamento da uno stato dell'essere all'altro. Inoltre l'opera si doveva inserire nel sito la cui orografia mostrava una veloce alternanza di valli a destra dell'osservatore e colline a sinistra. Le colline corrispondevano ai pieni del panorama e le valli ai vuoti.
Da un punto di vista dell'utilizzo del materiale si pensò allora di utilizzare il materiale di sostegno dell'impalcato prima in trazione e successivamente in compressione in considerazione del fatto che il diverso modo di proporzionare le membrature avrebbe creato una interessante alternanza tra il vuoto ed il pieno lungo lo sviluppo dell'opera.
L'idea originaria mostrava dalla parte della zona tesa la necessità dell'uso di uno strallo che sarebbe stato collegato alla montagna. La soluzione apparì comunque poco felice e condusse a pensare in sostituzione del tirante una grande mensola(della luce approssimativa di 100m). Tuttavia da un primo proporzionamento si evidenziava una sezione elevatissima oltre all'enorme peso complessivo della struttura. Per diminuire ulteriormente la sezione ed ottenere una maggiore efficienza si poteva separare nella zona finale della mensola il corrente teso da quello compresso. Un ulteriore passo avanti fù di aiutare la mensola tramite un puntone e si configurò uno ulteriore schema statico a formato da una struttura a cavalletto su tre appoggi accoppiata ad una travata continua funzionante anch'essa prevalentemente a flessione. Due sistemi di pari efficienta ma ancora non soddisfacenti sia esteticamente che staticamente.
Provai in ultimo ad incurvare la mensola avvicinandola ad una struttura ad arco e dopo una serie interminabile di ulteriori elaborazioni si venne a configurare una soluzione che seppur classica poteva essere reinterpretata nel contesto del progetto. La struttura doveva essere un semiarco a via intermedia disegnato in modo tale da avere l'area funzionante a trazione all'incirca pari a quella di compressione. Da queesto schema accettabile da un punto di vista formale ed ottimizzabile da quello statico, si poteva giungere agli ulteriori approfondimenti progettuali.
Ed infatti grazie all'ormai noto metodo F.E.M. lavorando sulla forma della dorsale dell'arco si giunse allo schema conclusivo costituito da due archi contrapposti ed intersecati in sommità che portavano l'impalcato tramite puntoni e pendini.
Per l'ottimizzazione della forma finale dell'arco si è proceduto manualmente modificando (come se si lavorsse con un tavolo da disegno) i nodi del modello. I tentativi sono stati effettuati mediante l'ausilio un poligono funicolare condizionato per un solo punto avvicinandosi alla forma voluta. Inoltre la forma della sezione trasversale è stata determinata con una legge di variazione seguente all'andamento dello sforzo normale lungo l'asse del poligono funicolare.
L'Architettura intesa come arte o scienza dello spazio possiede tale potenzialità che viene tanto più esaltata quanto più l'oggetto architettonico è aderente a leggi universali ed immutabili come quelle della fisica o meglio ancore della statica. Tanto più le forme dell'architettura nascono aderenti a tale leggi cioè sono naturali tanto più essa riesce a relazionarsi alla dimensione più intima dell'uomo.
Un problema tipico per le opere in c.a. è quello di verificare le sezioni degli elementi, non solo dal punto di vista delle tensioni in esercizio bensì anche ricorrendo al metodo cosiddetto semiprobabilistico agli stati limite. A tale problema l'ing. Luigi Paone ha determinato una soluzione facilmente implementabile e contenuta per intero nell'algoritmo presentato in un articolo pubblicato sulla rivistaL'industria Italiana del Cemento n.758 dell'Ottobre 2000. Nell'articolo si presenta solo il caso della la verifica allo stato limite delle tensioni in esercizio di sezioni in c.a. a contorno poligonale soggette a flessione composta. L’algoritmo calcola in forma chiusa le risultanti degli sforzi sulla sezione, previa scomposizione dell’area di calcestruzzo reagente in un insieme di triangoli, e si differenzia così da altri algoritmi che utilizzano procedure di integrazione numerica. Se la sezione è interamente reagente, la scomposizione iniziale in triangoli viene utilizzata direttamente per calcolare la risultante degli sforzi di compressione mediante l’integrazione in forma chiusa su ogni triangolo. Sono descritti in modo dettagliato alcuni esempi di verifica allo stato limite delle tensioni in esercizio di sezioni in c.a. di forma ricorrente. L’algoritmo proposto inoltre è comunque utilizzabile anche per il tracciamento delle superfici di interazione allo S.L.U. Difatti la scomposizione in triangoli permette di integrare gli sforzi sul calcestruzzo in modo “esatto” anche se il legame sforzi-deformazioni segue un andamento parabola-rettangolo. I risultati numerici sono riportati per diverse condizioni di carico, sia per il caso di sezione interamente reagente sia per quello di sezione parzializzata. Quì è possibile scaricare l'intero articolo in formato pdf insieme ai test numerici.